Cerca
Blog

COLLEGIO CONSULTIVO TECNICO FACOLTATIVO: TRA NATURA E LIMITI

Con la recente sentenza del 5 novembre 2025, n. 1999, destinata a diventare un punto di riferimento per tutte le situazioni in cui stazioni appaltanti e operatori decidono di attivare un CCT facoltativo, il TAR Veneto ha chiarito natura e limiti dell’istituto.

Introduzione

Il dibattito intorno al Collegio Consultivo Tecnico (CCT) continua a sollevare questioni tutt’altro che secondarie, soprattutto quando occorre stabilire se la sua costituzione sia espressione di un potere amministrativo oppure se si collochi nell’ambito più ampio dell’autonomia negoziale delle parti. Da questa qualificazione discendono conseguenze rilevanti: comprendere se le determinazioni del Collegio vadano considerate come atti amministrativi – e dunque assoggettabili al controllo del giudice amministrativo – oppure come un vero e proprio lodo contrattuale, il cui scrutinio competerebbe invece al giudice ordinario. Non meno problematico è stabilire quale sia il percorso di tutela più corretto quando una delle parti mette in discussione l’imparzialità dei componenti designati.

Origine della controversia e decisione di attivare un CCT facoltativo

La vicenda esaminata dal Tribunale veneto prende avvio da un articolato rapporto concessorio avente a oggetto la realizzazione e la gestione di un’infrastruttura stradale. Nel corso dell’esecuzione del rapporto, tra la Regione – nella veste di concedente – e la società concessionaria era emersa una divergenza tecnica ed economica di notevole ampiezza, legata alla corretta quantificazione dell’aggiornamento del canone di disponibilità. Le posizioni espresse dalle due parti apparivano difficilmente conciliabili, nonostante mesi di incontri tecnici e valutazioni istruttorie.

A fronte dell’impossibilità di giungere a un’intesa diretta, concedente e concessionario hanno optato congiuntamente per l’attivazione di un Collegio Consultivo Tecnico facoltativo, richiamando l’art. 218 del Codice. Non solo: le parti hanno deciso di attribuire alle determinazioni del Collegio valore di lodo contrattuale, ai sensi dell’art. 808-ter c.p.c., ponendo così il CCT in una dimensione pienamente negoziale, simile a quella dell’arbitrato irrituale.

Il Collegio, formato secondo l’accordo delle parti, ha svolto le audizioni previste e ha concluso il proprio iter fissando il canone nella misura sostenuta dalla Regione. Tale decisione ha indotto il concessionario a proporre ricorso dinanzi al TAR, impugnando:

– l’accordo di costituzione del CCT,

– gli atti regionali presupposti,

– e le stesse determinazioni del Collegio.

La contestazione principale riguardava l’asserita incompatibilità del Presidente e di un componente nominati dalla Regione, oltre alla presunta natura amministrativa degli atti che avevano condotto alla costituzione del Collegio. Tale ricostruzione si poneva tuttavia in contrasto con il quadro normativo, che distingue nettamente tra CCT obbligatorio (art. 215 d.lgs. 36/2023) e CCT facoltativo (art. 218), quest’ultimo basato su una scelta negoziale e non sull’esercizio di poteri autoritativi.

La qualificazione privatistica del CCT facoltativo e il ruolo della Pubblica Amministrazione

Il TAR Veneto affronta la questione partendo da un principio consolidato nel diritto amministrativo: la natura dell’atto non deriva dal soggetto che lo emette, ma dalla funzione che quel soggetto sta svolgendo. Non è quindi decisivo che la Regione sia un ente pubblico; occorre piuttosto verificare se abbia esercitato un potere autoritativo oppure se si sia limitata a operare sul piano della parità contrattuale, allo stesso modo di un qualsiasi contraente privato.

Nel caso esaminato, la Regione non ha adottato provvedimenti amministrativi né ha esercitato prerogative pubblicistiche. Ha invece agito come parte contrattuale, partecipando alla costituzione del Collegio nell’ambito di un rapporto regolato dall’autonomia privata. L’accordo che ha dato vita al CCT non può essere ricondotto agli accordi amministrativi ex art. 11 della legge n. 241/1990; si tratta piuttosto di un accordo contrattuale in senso pieno, con cui le parti hanno scelto volontariamente un meccanismo parallelo di composizione della controversia.

Il Collegio, d’altronde, nel caso di CCT facoltativo non esercita alcuna funzione pubblicistica: non adotta atti autoritativi, non gode di poteri di imperio e non sostituisce l’amministrazione nell’esercizio di funzioni pubbliche. Le sue determinazioni, una volta qualificate come lodo contrattuale, assumono la natura di atti negoziali vincolanti, assimilabili ai negozi di accertamento tipici dell’arbitrato irrituale. Il TAR evidenzia che tale configurazione investe l’intero ciclo di funzionamento del Collegio: la nomina dei membri, lo svolgimento delle attività valutative, e la decisione finale. Tutto si svolge in un contesto privatistico, frutto di un accordo paritario tra le parti.

Da ciò discende che le doglianze relative alla presunta incompatibilità dei membri del Collegio non possono essere esaminate dal giudice amministrativo: rientrano infatti negli ordinari rimedi previsti per contestare un lodo irrituale, rimedi che appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

Conseguenze sul riparto di giurisdizione e rilievo della sentenza

Muovendo da queste premesse, il TAR Veneto afferma che le determinazioni impugnate non possiedono natura amministrativa e che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione. Il Tribunale richiama anche l’art. 11, comma 2, c.p.a., che consente alla parte soccombente di riproporre la propria azione dinanzi al giudice ordinario entro il termine previsto. Proprio il giudice ordinario è competente a verificare la validità del lodo contrattuale e l’eventuale violazione delle regole negoziali che disciplinano la costituzione e il funzionamento del CCT.

La sentenza assume particolare rilievo nel nuovo assetto introdotto dal Codice dei contratti pubblici 2023, in cui il ricorso a strumenti negoziali alternativi – tra cui il CCT facoltativo – riceve crescente valorizzazione. Il caso conferma che la linea di demarcazione tra attività amministrativa autoritativa e attività negoziale della pubblica amministrazione non è un mero dettaglio tecnico, ma un elemento determinante per individuare il giudice competente e gli strumenti di tutela esperibili.

L’orientamento espresso dal TAR Veneto appare coerente con la logica dell’istituto: quando il CCT è attivato facoltativamente, ed è investito di funzioni di arbitrato irrituale, non può essere considerato un organo amministrativo né possono le sue determinazioni essere qualificate come provvedimenti amministrativi. Esse sono, a tutti gli effetti, il risultato di una scelta volontaria delle parti, che hanno deciso di sottrarre la controversia alla giurisdizione amministrativa e di affidarla a un organismo contrattualmente convenuto.

In questo quadro, la decisione del TAR rafforza l’idea – già affiorante in altre pronunce – secondo cui la natura privatistica del CCT facoltativo permea non soltanto la sua istituzione, ma anche l’attività e l’esito conclusivo, con la conseguenza che le eventuali censure devono essere proposte davanti al giudice ordinario tramite i rimedi propri dell’arbitrato irrituale.

 

Si allega: sentenza TAR Veneto, n. 1999/2025.

Blog

Si chiede conferma circa il fatto che non sia possibile nominare come presidente del CCT un commissario di gara.

Si conferma. Con parere n. 2514/2024 il MIT ha chiarito che non è possibile nominare come presidente del CCT un commissario di gara, giacché si verrebbe a configurare un’ipotesi di conflitto di interessi di cui all’art. 16 del Codice. Sul punto, con delibera n. 22/2025 l’ANAC ha altresì chiarito che “deve ritenersi che colui che abbia svolto un qualsiasi ruolo sostanzialmente incidente sull’attività di verifica della progettazione di un’opera non possa poi assumere l’incarico di componente del CCT del relativo contratto. La rilevanza del ruolo svolto non può che essere valutata in concreto, rispetto alle effettive attività svolte dal soggetto, ma in ogni caso con un approccio prudenziale connaturato alla ratio essendi delle incompatibilità che giocoforza mirano ad evitare il verificarsi di situazioni astrattamente incidenti sul bene giuridico tutelato, e cioè l’oggettività dei giudizi cui è chiamato il CCT”.