Didascalia
Mi scuserà il maestro Goya se uso (ed abuso) di un suo mirabile capolavoro per questo blog, ma non trovo parole migliori.
Premetto che chi scrive è un libero professionista, che lavora con la PA da oltre 20 anni e che è impattato dalla misura che è oggetto di questo articolo. Tuttavia, lo scopo di questa breve riflessione che vi propongo è di tipo filosofico e didattico, senza alcun intento critico.
Spesso di capita di erogare corsi di formazione per RTD e dirigenti della PA sulla transizione al digitale e su come sia possibile generare valore pubblico mediante processi e tecnologie. Spesso la discussione si sposta su un tema spinoso: “come conciliare procedimenti amministrativi complessi con la semplificazione e l’erogazione di servizi al cittadino, se per primo le norme stesse non sono oggetto di semplificazione”. Problema non da poco, ben conosciuto dal legislatore che spesso emana leggi e decreti cosiddetti di “semplificazione”, ma che spesso, di semplificazione non hanno molto.
Ma torniamo al concreto. Lunedì 5 novembre stavo erogando un webinar dal titolo “digitalizzazione e valore pubblico” dove illustravo il principio del "once only” e l’”interoperabilità", evidenziando come questi siano alla base della costruzione del valore pubblico, in quanto eliminano gravosi e spesso inutili adempimenti a carico di cittadini e imprese. In particolare, presentavo come esempi virtuosi la PDND - Piattaforma Digitale Nazionale Dati, il FVOE - fascicolo virtuale dell'operatore economico e il nuovo modello SUAP/SUE. Mentre discutevamo dei principi e degli strumenti (ovviamente perfettibili), un discente mi scrive in chat che la bozza della nuova legge finanziaria prevede che i liberi professionisti siano obbligati a produrre i certificati di regolarità contributiva, scherzando sul fatto che forse “la PA non sa o non deve sapere quello che la PA sa", oppure che "Agenzia delle Entrate, INPS e Casse hanno dichiarato la secessione” (citazione).
Preso in contropiede, cerco la fonte e mi scarico il dispositivo bollinato dalla RGS per verificare la notizia. Possibile che, con un comma sparso chissà dove, ci rimangiamo un percorso virtuoso di digitalizzazione e semplificazione amministrativa?
Ebbene sì! L'art. 129 della bozza di legge finanziaria 2026, prevede al comma 10 che: "A tal fine il libero professionista produce la predetta documentazione comprovante la regolarità fiscale e contributiva unitamente alla presentazione della fattura per le prestazioni rese".
Leggere questo comma nel 2025 mi ha fatto tornare al 1996, l’anno di inizio della grande automatizzazione della PA. Infatti, a differenza delle norme scritte a partire dal 2005 in poi, non c’è un rimando all’utilizzo di strumenti informatici o, come spesso accadeva, si inseriva nella norma la dicitura “in attesa dell’implementazione della procedura automatizzata”. Il legislatore è categorico: il cittadino (libero professionista) deve richiedere alla PA i certificati di regolarità e inviarli alla PA per essere pagato! Non è neanche contemplato che la PA possa eventualmente richiederli direttamente (come accadeva precedentemente). Once only questo sconosciuto?
In un colpo solo chi ha pensato e scritto questo comma ha affondato 20 anni di CAD, proprio nell’anno dell’anniversario. Allora mi domando: perché spendere dieci miliardi del PNRR in strumenti per poi creare, per legge, processi analogici?
Il vero problema della digitalizzazione non è mai la tecnologia. Sono i processi e chi li disegna: ovvero le persone. E spesso chi scrive le norme, con piena competenza giuridica ed economica, spesso dimentica, o dorme e sogna, mostri analogici in un mondo che si sforza di diventare digitale. E quasi come scherzo del destino, negli stessi giorni, AgID avvia la ricognizione sull'utilizzo dell'Intelligenza artificiale nella PA!
Speriamo che almeno l'IA possa in qualche modo scacciare questi mostri analogici!
Disclaimer: tutte le immagini sono generate dall'intelligenza artificiale e sono basate sul quadro del maestro Goya: "Il sonno della ragione genera mostri"