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Le regole per la trasformazione da part-time a tempo pieno viceversa

Con l’ordinanza n. 10739 del 23 aprile 2025, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, si è nuovamente pronunciata su un tema centrale nella gestione del personale: la possibilità di modificare unilateralmente l’orario di lavoro di un dipendente, passando dal tempo pieno al tempo parziale o viceversa.

La risposta della Corte è chiara e netta: la trasformazione dell’orario di lavoro deve essere frutto di un accordo tra le parti e non può mai avvenire per volontà unilaterale dell’amministrazione.

Il principio generale

La disciplina normativa prevede che la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale (o viceversa) sia possibile esclusivamente tramite accordo scritto tra il datore di lavoro e il dipendente. Tale principio, originariamente fissato nell’articolo 5 del Decreto Legislativo 61/2000, è stato consolidato anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, in particolare con la sentenza n. 10142/2018.

Secondo questo orientamento, la variazione del monte ore contrattuale necessita del consenso del lavoratore. Non è quindi ammissibile una modifica unilaterale da parte dell’ente, mentre è consentita la richiesta del dipendente di rientrare dal part-time al tempo pieno, essendo questa iniziativa nell’interesse del lavoratore.

Ne consegue che l’accordo tra le parti è elemento imprescindibile per ogni variazione dell’orario di lavoro.

Effetti del rifiuto del dipendente

La Corte ribadisce che il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro non può essere considerato un giustificato motivo di licenziamento.
Non può neppure costituire motivo per l’irrogazione di sanzioni disciplinari, nemmeno di tipo conservativo.

Il rifiuto di modificare l’orario è una facoltà riconosciuta al dipendente, non un comportamento sanzionabile. Non si configura alcun inadempimento contrattuale e l’amministrazione non può reagire in alcun modo sanzionatorio.

La disciplina nel trasferimento tra enti

Un altro aspetto chiarito dall’ordinanza riguarda il trasferimento di dipendenti tra enti pubblici a seguito di operazioni di trasferimento di funzioni ex articolo 31 del Decreto Legislativo 165/2001.

La Corte di Cassazione sottolinea che, in caso di trasferimento, il contratto di lavoro si trasferisce inalterato. L’ente subentrante è vincolato al rispetto delle condizioni originariamente pattuite, comprese quelle relative all’orario di lavoro. Non è possibile, pertanto, procedere unilateralmente alla modifica del rapporto da part-time a tempo pieno o viceversa.

Anche in questi casi, ogni variazione richiede il consenso scritto del dipendente.

Richiami giurisprudenziali

Il principio affermato nell’ordinanza n. 10739/2025 si inserisce in un quadro interpretativo consolidato:

  • La sentenza n. 10142/2018 della Cassazione aveva già confermato che ogni modifica dell’orario richiede il consenso del lavoratore.
  • L’ordinanza n. 10739/2025 ribadisce che il rifiuto del dipendente non è causa di licenziamento e che, in caso di trasferimento fra enti, il rapporto di lavoro deve proseguire alle condizioni originarie.

La Corte si muove, quindi, in linea con un orientamento che privilegia la tutela della volontà negoziale del lavoratore rispetto alle esigenze unilaterali delle amministrazioni.

Implicazioni operative per gli enti

Alla luce di questi principi, gli enti pubblici devono adottare particolare attenzione nella gestione delle variazioni dell’orario di lavoro. In particolare:

  • Non possono procedere d’autorità alla trasformazione del rapporto di lavoro.
  • Devono ottenere il consenso scritto del dipendente per ogni variazione.
  • In caso di rifiuto del lavoratore, devono astenersi da azioni disciplinari o risolutive.
  • In caso di trasferimento di funzioni, devono rispettare integralmente le condizioni contrattuali precedenti.

Una gestione corretta di questi aspetti non solo garantisce la conformità alle norme di legge e alla giurisprudenza, ma riduce anche i rischi di contenzioso con il personale.

Conclusioni

La tutela della volontà del lavoratore in materia di orario di lavoro rappresenta un principio fondamentale. Le amministrazioni devono operare nella consapevolezza che ogni variazione del rapporto richiede il consenso dell’interessato e che il rifiuto del dipendente non costituisce in alcun modo motivo di sanzione o di licenziamento.

L’ordinanza n. 10739/2025 si pone così come un ulteriore, importante tassello nella costruzione di un sistema di relazioni di lavoro improntato alla correttezza e al rispetto delle volontà contrattuali

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