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POTERI E LIMITI DEL RUP: FOCUS SULLE MISURE DI SELF-CLEANING

Con la recente sentenza n. 13575 del 10 luglio 2025 il TAR Lazio si è pronunciato in ordine alla corretta individuazione del soggetto cui spetti decidere, in via definitiva, l’esclusione di un operatore economico in sede di gara pubblica: può il Responsabile Unico di Progetto (RUP) adottare un provvedimento di esclusione facendo propri gli esiti istruttori elaborati dal seggio di gara? E, soprattutto, in quale misura egli può fondare l’atto finale su una proposta proveniente da un ufficio ausiliario senza che ciò determini uno spostamento della responsabilità decisionale?

Parallelamente, assume rilievo il tema dell’effettiva capacità delle misure di self-cleaning di ristabilire l’integrità reputazionale e la credibilità professionale di un operatore già coinvolto in procedimenti penali o in valutazioni negative sulla sua affidabilità.

Il dibattito non è meramente teorico: esso investe il cuore dell’equilibrio tra efficienza amministrativa e garanzie di concorrenza, e determina in concreto il modo in cui le stazioni appaltanti possono reagire davanti a imprese che dichiarano di essersi “riformate” dopo fatti pregiudizievoli. Proprio su tali profili è intervenuto il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, il quale ha fissato un punto dirimente sulla natura del potere del RUP nell’attuale configurazione normativa e sull’effettivo peso delle condotte di ravvedimento organizzativo nella fase di qualificazione del concorrente.

Il caso scrutinato

La pronuncia del TAR Lazio trae origine da un contenzioso sorto nell’ambito di una procedura di affidamento di servizi logistici, nella quale l’impresa provvisoriamente prima classificata aveva comunicato la pendenza di un procedimento penale e l’applicazione di una misura cautelare nei confronti dell’allora amministratore unico. A fronte di tali circostanze, il concorrente aveva sostenuto di essersi attivato adottando strumenti di self-cleaning, consistenti nella nomina di un diverso amministratore e nell’aggiornamento del modello organizzativo 231. La stazione appaltante, tuttavia, dopo aver approfondito la questione attraverso richieste istruttorie, ha ritenuto che tali iniziative non fossero né tempestive né idonee a esprimere un reale mutamento nell’assetto di governance, concludendo per l’esclusione dell’impresa ai sensi degli artt. 95 e 98 del Codice.

Il ricorrente ha opposto che la decisione sarebbe stata in realtà assunta dal seggio di gara e non dal RUP, sostenendo dunque un vizio di incompetenza, nonché l’erroneità della valutazione sulle misure correttive. Il TAR ha ricostruito il quadro normativo rilevante, evidenziando che il nuovo Codice attribuisce al RUP un potere pieno e indiviso, pur consentendogli di avvalersi di uffici di supporto per la fase istruttoria. Gli artt. 7 e 15 del Codice, letti congiuntamente, confermano che eventuali articolazioni interne della stazione appaltante, anche quando abilitate alla verifica amministrativa, non dispongono del potere decisorio, il quale resta unitariamente in capo al RUP. Di conseguenza, l’adozione di un provvedimento motivato anche per relationem non costituisce una delega impropria, bensì il fisiologico esito della struttura procedimentale voluta dal legislatore.

Centralità della responsabilità unitaria del RUP e natura delle misure di self-cleaning

Il TAR ha ribadito che l’intero impianto del Codice dei contratti pubblici è costruito attorno all’idea di una responsabilità amministrativa concentrata su una sola figura, quella del RUP, chiamato a coordinare e dirigere la procedura con funzione di garanzia complessiva. Ciò significa che gli organi tecnici ausiliari non sono titolari di poteri discrezionali finali, ma svolgono attività di istruttoria, consulenza e verifica, le quali diventano giuridicamente rilevanti solo nel momento in cui vengono fatte proprie dal RUP mediante l’adozione del provvedimento conclusivo. È proprio questa unitarietà di responsabilità che impedisce frammentazioni e sovrapposizioni e consente la tracciabilità dell’azione amministrativa.

Quanto alle misure di self-cleaning, il TAR ha chiarito che esse possono avere esito positivo solo quando risultino spontanee, sostanziali e soprattutto tempestive. Non basta che l’impresa dimostri di aver apportato cambiamenti formali: occorre che intervenga un’autentica discontinuità gestionale rispetto al passato e che l’iniziativa sia assunta prima dell’avvio del procedimento di verifica, così da non apparire come un mero escamotage difensivo.

Nel caso specifico, la sostituzione dell’amministratore — appartenente alla stessa compagine familiare — e l’aggiornamento tardivo del modello organizzativo sono stati letti come misure di facciata, poste in essere solo in risposta alla contestazione e, dunque, incapaci di far venir meno il dubbio sull’affidabilità complessiva dell’impresa.

Ricadute operative per stazioni appaltanti e operatori economici

La pronuncia produce effetti significativi sotto il profilo applicativo. Per le stazioni appaltanti, essa conferma che il seggio di gara può certamente svolgere attività di controllo e predisporre valutazioni istruttorie, ma la decisione finale — specie quando incide sulla partecipazione a una gara pubblica — deve provenire dal RUP, che ne sopporta l’intera responsabilità amministrativa. La motivazione per relationem non si traduce in un affievolimento della responsabilità, bensì in un corretto utilizzo delle strutture interne, funzionale alla semplificazione procedurale.

Per le imprese, invece, la sentenza costituisce un monito: il self-cleaning non è una misura cosmetica né un rimedio dell’ultima ora, ma un percorso autentico di recupero dell’affidabilità, da intraprendere per tempo e con interventi concreti dimostrativi della rottura rispetto alle condotte precedenti. Solo un comportamento proattivo e coerente, non reattivo e strumentale, consente di riacquisire credibilità. In conclusione, il TAR riafferma due principi cardine: da un lato, la piena titolarità del potere decisorio in capo al RUP; dall’altro, l’idea che la reputazione professionale dell’operatore economico sia un bene che si costruisce nel tempo e non può essere ricostruito con provvedimenti tardivi o meramente formali.

 

Si allega: sentenza TAR Lazio n. 13575 del 10 luglio 2025.

 

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Se un concorrente ha già rappresentato in sede di presentazione dell’offerta le misure self-cleaning adottate, è comunque necessario che l’eventuale esclusione sia preceduta da apposito contraddittorio sul punto?

Se è vero che da una parte l’indicazione delle misure self-cleaning adottate non costituisce un mero adempimento formale ma ha la funzione di agevolare la stazione appaltante nell’esercizio del suo dovere-potere di valutazione dell’affidabilità dell’OE, dall’altra l’art. 96 co. 6 del Codice è chiaro nel prevedere che “Se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, ne comunica le ragioni all'operatore economico”. Dunque, a prescindere dal momento dell’avvenuta indicazione, il fatto che l’OE abbia indicato già in sede di offerta le misure di self-cleaning assunte non esclude la necessità del contraddittorio procedimentale (TAR Veneto, sez. I, 18 marzo 2025, n. 371).