La fine dell’anno, per le amministrazioni pubbliche, è sempre un periodo di grande intensità gestionale: bilanci da chiudere, conti da verificare, impegni da regolarizzare. In questa cornice si colloca anche un’operazione di natura apparentemente tecnica, ma di fatto centrale per la corretta gestione del personale: la rettifica del fondo per le risorse decentrate. Non si tratta di un mero esercizio contabile. La revisione di fine anno del fondo è un momento in cui l’ente misura la coerenza tra la programmazione delle risorse e la realtà gestionale, e verifica la correttezza delle somme destinate alla contrattazione integrativa o a specifiche finalità di legge. Ogni ente, nel costituire il fondo, stima a inizio esercizio gli importi destinati a finanziare la contrattazione decentrata, tenendo conto delle regole del CCNL, dei vincoli di spesa e dei margini di manovra consentiti dal tetto del trattamento accessorio. Tuttavia, tra la previsione e la gestione effettiva, possono intervenire elementi nuovi: disposizioni normative sopravvenute, incentivi tecnici di difficile quantificazione iniziale, compensi legati ad attività specifiche o stime che, col passare dei mesi, si rivelano approssimative. Il principio contabile applicato (Allegato 4/2 al d.lgs. 118/2011) stabilisce che le somme confluiscano nel fondo nell’anno in cui maturano la loro esigibilità. Ciò significa che anche a dicembre – quando l’esercizio è ormai in chiusura – possono emergere voci da inserire o da correggere. È il caso, ad esempio, degli incentivi per le funzioni tecniche. Allo stesso modo, rientrano nella casistica anche i compensi dell’avvocatura comunale (art. 9 del d.l. 90/2014) o, più raramente, i compensi ISTAT per le attività svolte dai servizi demografici. Sono solo alcuni esempi. Tali somme, se non inserite in sede di prima costituzione, possono e devono essere integrate entro la fine dell’anno, purché siano effettivamente esigibili. L’operazione può avvenire tramite una determina di rettifica tecnica, senza necessità di riaprire la contrattazione integrativa, in quanto le regole di attribuzione sono già definite nei regolamenti e disciplinari di ente. Un secondo, fondamentale aspetto riguarda la rettifica dell’adeguamento del limite 2016 al trattamento accessorio, previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017. Il tema interessa in particolare Province, Città metropolitane, Comuni e Regioni a statuto ordinario soggetti al meccanismo dell’art. 33 del d.l. 34/2019 (“Decreto Crescita”). Per questi enti, la possibilità di ampliare il limite 2016 dipende dall’aumento del numero di dipendenti a tempo indeterminato rispetto alla situazione al 31 dicembre 2018. La Ragioneria Generale dello Stato – con le note n. 179877/2020 e n. 12454/2021 – ha chiarito che tale incremento va calcolato sulla base del numero di “cedolini” effettivamente erogati nel corso dell’anno, ossia del personale realmente in servizio. In fase di costituzione del fondo, il dato è necessariamente previsionale e tiene conto del piano dei fabbisogni e del PIAO/PTFP. Ma a fine anno, quando l’ente conosce l’andamento effettivo delle cessazioni e delle assunzioni, il calcolo deve essere aggiornato. E qui possono emergere scostamenti anche significativi: un’assunzione rinviata o una cessazione imprevista possono ridurre il numero di unità in servizio e, di conseguenza, abbassare il limite massimo di spesa per il trattamento accessorio (senza però mai scendere al di sotto di quello del 2016). L’effetto concreto è duplice: o si rende necessaria una decurtazione tecnica del fondo già costituito, oppure si deve ricalibrare la parte di risorse destinate alla produttività e alle posizioni organizzative/EQ. È una procedura obbligatoria, non soggetta a negoziazione, ma che deve essere formalizzata con la massima trasparenza e, possibilmente, condivisa in via informativa con le rappresentanze sindacali. L’esercizio 2025 aggiunge un ulteriore elemento di complessità: con l’entrata in vigore dell’art. 14, comma 1-bis, del d.l. 25/2025, diventa obbligatorio procedere quanto prima alla costituzione definitiva del fondo risorse decentrate, per garantire la piena tracciabilità delle somme e il rispetto delle nuove regole di contabilizzazione. Le rettifiche di fine anno non dovrebbero essere viste come un mero adempimento di chiusura, ma come una pratica di buona amministrazione. Permettono di allineare i dati contabili alla realtà, assicurano il rispetto delle norme e, soprattutto, offrono la possibilità di migliorare la governance del personale e delle risorse finanziarie. In un contesto normativo sempre più articolato, la capacità degli enti di gestire con competenza e trasparenza questa fase rappresenta una misura concreta della loro solidità amministrativa e della qualità della programmazione.
Ed inoltre, in questo modo, ci si prepara alla predisposizione delle Tabelle del Conto Annuale dedicate al monitoraggio della contrattazione integrativa.